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Il malato
Quando una persona sviluppa un tumore, la sua vita e quella del suo ambito familiare cambiano di colpo.
Cambiano anche le relazioni con gli amici, con l’ambiente di lavoro e con tutte quelle persone con cui ha dei contatti. Dopo i primi momenti di incredulità, perplessità, incertezza e sgomento si instaura un sentimento dominante, più o meno espresso, più o meno latente: la paura. Paura di questa massa di cellule dannose che si sviluppano nel suo corpo, a cui i medici danno un nome, ma che per il paziente sono un essere ignoto che si è introdotto nel suo fisico portando dolore o forse morte e che soprattutto ha invaso la sua mente con pensieri distruttivi e ha invaso il suo cuore con sentimenti di angoscia. In questo contesto negativo devono inserirsi delle figure positive che diano sicurezza, speranza ed un senso alla vita del paziente e dei suoi familiari. Primo fa tutti, il medico di famiglia che funge da regista, da persona di riferimento, da supporto professionale e psicologico. Lui conosce il paziente e lo deve guidare in questo percorso difficile dalla diagnosi alla terapia avvalendosi degli specialisti oncologi, chirurghi e radioterapisti dove necessario. Per molti malati di tumore, se non si può parlare di guarigione, l’aspettativa di vita è molto più lunga rispetto al passato: è necessario che venga affrontata con la maggiore serenità possibile e nell’ambiente familiare, mantenendo le proprie abitudini, circondato dagli affetti più cari. Il medico dirige inoltre, quando possibile, l’assistenza a domicilio insieme ad altre figure professionali: l’oncologo che lavora sul territorio, l’assistente sociale, l’infermiere, il fisioterapista che intervengono secondo le varie necessità per assicurare una qualità di vita soddisfacente e dignitosa al paziente. Organizzare le varie terapie, tra cui quelle per il controllo del dolore, terapie infusive tipo fleboclisi, medicazioni, erogazioni di ossigeno: tutto ciò può sembrare di difficile gestione per i familiari che si trovano ad affrontare realtà del tutto estranee alle loro attitudini e capacità. Per questo è necessario che si affidino con la massima fiducia alle persone che intervengono nella vita quotidiana del loro malato con competenza e sensibilità. Ma su tutto prevale la volontà del paziente, la sua voglia di vivere, di reagire per superare i momenti di crisi e questo è tanto più forte ed efficace quanto più trova intorno a sè le persone che gli danno amore, forza, conforto e speranza. Nel percorso della malattia i sentimenti di tutti si rafforzano, si intersecano tra di loro, talora si esasperano in senso negativo o positivo: per mantenere gli equilibri non sono necessarie ne grandi abilità ne grandi manifestazioni. Una parola, un sorriso, un abbraccio, un gesto, una carezza sono il terreno più fertile per coltivare la speranza. Dott.ssa L.Simoncini Medico Medicina Generale |
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